Vi avevamo parlato, in un articolo precedente, della sorveglianza sanitaria eccezionale, istituita durante l’emergenza Covid. A tal proposito alcuni esperti hanno elaborato saggi che ne mettono in luce requisiti e criticità, sostanzialmente dovute alle modalità di esplicitazione della normativa, carente di alcune specifiche che lasciano spazio all’interpretazione. Vi riportiamo di seguito alcune interessanti riflessioni elaborate da Punto Sicuro, sulla base di un saggio pubblicato dall’Università degli Studi di Urbino.
Se normalmente al medico competente, con specifico riferimento al D.Lgs. 81/2008 e alla collaborazione all’elaborazione della valutazione dei rischi, è richiesto un “atteggiamento proattivo e propulsivo, pur nei limiti della sua qualificazione professionale”, questo ruolo viene ulteriormente potenziato, “per le implicazioni sanitarie che comporta”, dall’emergenza COVID-19.
Ed infatti la Circolare del Ministero della Salute del 29 aprile 2020, n. 14915 – “Indicazioni operative relative alle attività del medico competente nel contesto delle misure per il contrasto e il contenimento della diffusione del virus SARS-CoV-2 negli ambienti di lavoro e nella collettività – “si riferisce al medico competente in termini di ‘consulente globale’ del datore di lavoro, evidentemente in quanto soggetto in grado di fornire una collaborazione qualificata e inserita a tutto tondo” nel sistema aziendale di prevenzione.
A ricordare in questi termini il ruolo del medico competente nell’emergenza COVID-19 e a fornire un approfondimento sul nuovo istituto della sorveglianza sanitaria eccezionale è un saggio pubblicato sulla rivista “Diritto della sicurezza sul lavoro” dell’Osservatorio Olympus e pubblicazione semestrale dell’ Università degli Studi di Urbino.
Il contributo – dal titolo “La sorveglianza sanitaria eccezionale nel sistema aziendale di prevenzione” – analizza, con particolare riferimento al caso delle Università, l’istituto della sorveglianza sanitaria eccezionale, introdotto dal d.l. n. 34/2020 (art. 83), convertito, con modificazioni, dalla l. n. 77/2020, evidenziandone – come indicato nell’abstract – “natura, ratio e criticità”.
In questo articolo ci soffermiamo brevemente sui seguenti argomenti:
- Il medico competente e la sorveglianza sanitaria eccezionale
- Le criticità e le problematiche del nuovo istituto
- Gli auspici, le esclusioni e i possibili sviluppi della normativa
Il medico competente e la sorveglianza sanitaria eccezionale
Il contributo “La sorveglianza sanitaria eccezionale nel sistema aziendale di prevenzione”, a cura di Chiara Lazzari (ricercatrice di Diritto del lavoro e Docente di Laboratorio di diritto sindacale e del lavoro all’Università di Urbino Carlo Bo), si sofferma, dunque, sull’obbligo per i datori di lavoro privati e pubblici di sottoporre a sorveglianza sanitaria eccezionale i ‘lavoratori maggiormente esposti a rischio di contagio in ragione dell’età o della condizione di rischio derivante da immunodepressione, anche da patologia Covid-19, o da esiti di patologie oncologiche o dallo svolgimento di terapie salvavita o comunque da comorbilità che possono caratterizzare una maggiore rischiosità’.
In particolare si indica che il nuovo istituto “presenta evidenti tratti di specialità rispetto a quello della sorveglianza sanitaria ‘ordinaria’, pure pienamente confermata dall’incipit dell’art. 83, comma 1 (‘fermo restando quanto previsto dall’art. 41 del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81’), avendo carattere straordinario e transitorio”.
In questo caso il controllo sanitario, più che essere associato a un rischio connesso alla mansione svolta in sé e per sé considerata, risulta collegato alla situazione di fragilità del singolo. O, per meglio dire, i due profili appaiono strettamente correlati”.
Si segnala il contenuto del Vademecum del medico competente «Covid-19 Fase 2. Accompagnare il lavoratore al rientro al lavoro», predisposto dall’Associazione Nazionale Medici d’Azienda (ANMA), che afferma che il medico dovrà fornire la propria ‘valutazione razionale in merito a se e quando un lavoratore, che ha un proprio profilo di rischio legato alle sue caratteristiche individuali, può riprendere il lavoro in ragionevole sicurezza nella specifica propria situazione lavorativa che, a sua volta, ha un proprio profilo di rischio’.
Inoltre “a ulteriore conferma della specialità della sorveglianza ex art. 83 del d.l. n. 34/2020 – è lasciata al datore di lavoro la facoltà (onerosa) di scegliere se nominare un medico ad hoc per il periodo emergenziale o rivolgersi ai servizi territoriali dell’INAIL, che provvederanno alla richiesta di attivazione del controllo sanitario con propri medici del lavoro, nel qual caso, però, non troveranno applicazione gli artt. 25, 39, 40 e 41 del d.lgs. n. 81/2008 (art. 83, comma 2)”.
Le criticità e le problematiche del nuovo istituto
Il problema è che alla chiara importanza dell’istituto “non corrisponde una altrettanto precisa definizione del medesimo, che si presenta lacunoso sotto vari aspetti, probabilmente scontando una non pienamente adeguata ponderazione, da parte del legislatore, del suo impatto sul quadro normativo vigente, oltre che l’incertezza scientifica che ancora circonda la malattia Covid-19 e il virus che la provoca”.
Ad esempio – continua Chiara Lazzari – “il richiamo all’età risulta del tutto generico, non essendo accompagnato dall’individuazione di una determinata soglia”.
Utili indicazioni sul tema possono arrivare, tra gli altri documenti, dalla Circolare del Ministero della Salute del 29 aprile 2020 “secondo cui ‘i dati epidemiologici rilevano una maggiore fragilità nelle fasce di età più elevate della popolazione (>55 anni di età)’, quantunque non manchino informazioni parzialmente differenti a proposito dei gruppi vulnerabili”.
Inoltre anche il riferimento alla «comorbilità» “appare piuttosto vago, non essendo specificato quali patologie concomitanti possano rilevare. In questo caso, nutriti elenchi indicativi, ma non certo esaustivi, possono rintracciarsi nei documenti elaborati dalle società scientifiche del settore, le quali è auspicabile si facciano altresì carico di promuovere percorsi formativi ad hoc, stante la necessità che il sistema previsto dall’art. 38 del d.lgs. n. 81/2008 per il medico competente sia adeguato – per quanto concerne il profilo dell’aggiornamento professionale – al mutato contesto. Risulta, poi, evidente come il fatto di soffrire di altre patologie non implichi in automatico una condizione di fragilità, essendo rimessa al prudente apprezzamento del sanitario la valutazione della rilevanza, ad esempio, di situazioni ben compensate dall’eventuale terapia farmacologica assunta e quella della gravità del quadro clinico complessivo”.
Inoltre anche le modalità di effettuazione della «sorveglianza sanitaria eccezionale» “non sono definite puntualmente dal legislatore e parrebbero richiedere un adattamento, in via interpretativa, della normativa vigente. D’altra parte, già a proposito del compito di segnalare le persone in condizione di fragilità, individuato dal Protocollo condiviso, si era osservato come, allorché il lavoratore fragile non fosse stato soggetto in precedenza a sorveglianza sanitaria e/o le sue problematiche di salute non fossero note al medico competente in quanto non correlate all’occupazione, per quest’ultimo sarebbe stato difficile venire a conoscenza delle stesse, se non da lui palesate spontaneamente”.
Rimandiamo alla lettura integrale del contributo che si sofferma su altre conseguenze e criticità del nuovo Istituto, ad esempio in relazione alla possibile assenza di medici competenti aziendali o al diritto alla riservatezza.
Gli auspici, le esclusioni e i possibili sviluppi della normativa
Il contributo indica poi che nonostante i limiti ampiamente rilevati “merita osservare come il diritto della salute e della sicurezza sul lavoro di stampo emergenziale sembri avere comunque qualcosa d’interessante da dire” all’ordinario sistema di prevenzione aziendale già delineato dal d.lgs. n. 81/2008.
Se il medico competente va considerato alla stregua di un «consulente globale» del datore di lavoro, questo ruolo non può più prescindere dalla sua necessaria “collaborazione alla valutazione dei rischi, che dovrebbe, in altri termini, essere svincolata dall’obbligo della sorveglianza sanitaria. In tal senso, occorre superare concettualmente anche la logica cui si ispira la previsione dell’art. 83, il quale, pur prefigurando la nomina del medico altresì nelle realtà ove questi non sia già presente, continua a collegarla alla necessità di un controllo sanitario, per quanto eccezionale. Mentre sono ormai maturi i tempi perché il processo di piena emancipazione di tale figura dalla vecchia concezione del medico quale esecutore di visite – processo a cui ha indubbiamente contribuito la legislazione più recente tramite la valorizzazione della dimensione collaborativa della sua attività – si compia ormai in via definitiva”.
Inoltre la gestione della sorveglianza sanitaria eccezionale “implica con tutta evidenza, alla luce di quanto osservato anche a proposito degli intrecci fra art. 83 del d.l. n. 34/2020 e art. 26, comma 2, del d.l. n. 18/2020, una stretta cooperazione fra medico competente e medico di medicina generale. Il che conferma una volta di più l’urgenza di procedere con decisione lungo la strada di una maggiore interazione/integrazione fra la figura in questione e, tramite essa, l’intero sistema di prevenzione aziendale, e il Servizio Sanitario Nazionale, dunque fra modelli prevenzionali interni ed esterni all’organizzazione datoriale, al fine d’implementare una strategia di tutela della salute del lavoratore a tutto tondo, idonea altresì a fornire una migliore risposta a eventi come quello ancora in corso, e la cui diffusione cambiamenti climatici e densità demografica sono purtroppo destinati a favorire”.
Rimandiamo, infine, alla lettura della parte finale dell’intervento che ricorda che un allegato del d.l. n. 83/2020 – Misure urgenti connesse con la scadenza della dichiarazione di emergenza epidemiologica da COVID-19 deliberata il 31 gennaio 2020– riporta le norme i cui termini sono prorogati al 15 ottobre 2020. E tra queste norme non è presente l’art. 83 del d.l. n. 34/2020. E, conclude il contributo, “si auspica che in sede di conversione possa porsi rimedio a una esclusione francamente poco comprensibile, in virtù delle persistenti ragioni di tutela dei lavoratori fragili, destinate a permanere fintanto che la fase pandemica non sia definitivamente superata (e, stando alla situazione interna e internazionale, purtroppo non pare che la sua fine sia prossima)”.
Circolare del Ministero della Salute del 29 aprile 2020, n. 14915
Circolare Inail N. 44 del 11 Dicembre 2020
Fonti:
PUNTO SICURO
INAIL